domenica 14 settembre 2008

Stelvio in ottava rima.

Stelvio 2003. Marco Ciapetti vs Cicloamorosi. Sfida all'ultimo grammo di bagaglio.
Allora il Moro era "il" Moro, e l'Intercity fu sconfitto. Battuto, ci regalò queste ottave sublimi.
Grazie Marco, torna quando vuoi, sei il benvenuto.

Di Stelvio, di sudore ed altri canti.


Di buone nuove è un venerdì foriero
e della vita aumenta il suo decoro,
e ingentilisce all’uomo il suo pensiero,
giacché quest’oggi un si parla di lavoro.
Inforco stamattina il mio destriero
e scendo in strada a giugnermi a coloro
che vanno a faticar dal monte al piano,
e prendo il treno in direzion Milano.

E come sia non so, l’è un caso strano,
ma dopo che un pioveva da 6 mesi,
ci volle combinare il fato arcano
un tiro che un po’ ci lasciò sorpresi.
Giungeva infatti il treno su a Tirano
sotto un diluvio di tuoni e lampi accesi;
ma noi si sa che la fatica è bruta,
la tappa fino a Bormio ormai è dovuta.

La corsa è fin da subito intessuta

di strappi che lo sforzo fan durare.
E sotto l’acqua la faccia si fa muta,
ch’oltre alle ruote il resto fa girare...
Ma al fin di quel soffrir una bevuta
e un lauto pranzo su’i’ tavolo a mangiare;
davanti a questo ben non feci il bove,
e del dolor dimenticai le prove!

E delle pioggia si scordò anche Giove,
il dì di presso ci volle alfin graziare,
e noi che lì giungemmo da ogni dove
dovemmo far quel che toccava fare!
Mezzora era passata dalle nove
che s’attaccò lo Stelvio a pedalare.
Fra un’ala immaginaria di tifosi
Avanzò il gruppo dei Cicloamorosi.

E sui tornanti subito insidiosi
ben presto El Graspa rapido involava,
ma tallonato dagli scatti nervosi
del Marco a 100 metri lo guatava,
e pria di giugner agli erti perigliosi
lo buon amico di dietro a sé lasciava.
Solo spingeva su di gran carriera
passando dalla casa cantoniera.


Ma il troppo andar si paga all’alpe austera!
Scorgeva infatti potente la falcata
di quel ch’un tempo per la sua criniera
del Moro delle Signe era chiamata,
e che pompando a quella sua maniera
nel sole ora brillava la pelata…
Tradendo appen lo sforzo su quel viso,
di stucco ci lasciò con un sorriso.

Non sai, caro Franchin, quanto t’ho inviso
in quella dura prova al sommo stacco
che’l sol pensier è di vedersi assiso
fra cibi, frutte e bevande di Bacco!
Ma non mancò il guiderdone arriso
a quei che nel sudore giunse stracco,
ma fiero ostentando la passione
che lui s’immaginava da campione.

E dopo un po’ co’un cappellin sornione
arriva pedalando a viso aperto,
felice come un citto il Rampicone,
e poi quel Graspa che avanzava incerto,
gittossi su un panin come un Leone!
Seguiva con tenacia il forte Alberto,
e come il padre aspetta il buon figliolo,
s’attese Piero ch’arrivasse al molo.

Di tutti questi amici il fitto stuolo
non voglio importunar con le mie voci;
mi dispiaceva d’esser qui da solo
ad affrontar questi passi feroci.
Sarebbe bello poter spiccare il volo,
io ch’ero l’Intercity delle Croci;
ma tempo ed anni troppo n’è passato,
mi sa che son soltanto «Accelerato».

Ringrazio quei che m’hanno qui ascoltato
di quattro ottave, almen per quel che vale,
questo poema un po’ sconclusionato
che spero un sia venuto troppo male.
E Sergio spero tenga preparato
l’Istrion tornare presto a spiegar l’ale;
e se mi dicon che non v’ha più stanza
almeno mi si lasci la speranza...


Marco, l’Intercity – 27/09/2003

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