lunedì 26 dicembre 2011

domenica 25 dicembre 2011

LA LEGGENDA DELLA TESTA DEL TORO


Sulla fiancata sinistra di Santa Maria del Fiore, su una colonna portante, si può scorgere la testa di un toro che sporge dal cornicione. Circolano due versioni sul perché di quella collocazione.
Secondo alcuni fu posta da uno dei “mastri muratori” per onorare tutti gli animali che contribuirono alla costruzione del Duomo. Infatti,  la testa non è quella di un toro ma di una vacca.
Un'altra versione, invece, dice che la testa è quella di un toro e che fu  posta in quel preciso punto per sbeffeggiare un fornaio che abitava proprio di fronte alla Cattedrale.   Si diceva che la moglie di questo fornaio fosse stata l'amante del mastro carpentiere che lavorava all'opera del Duomo.
La tresca fu scoperta e i due amanti vennero denunciati e condannati. Il mastro carpentiere volle allora vendicarsi collocando la testa del toro “cornuto” in quel preciso punto.   In tal modo il fornaio, ogni volta che  si affacciava alla finestra, si trovava di fronte la raffigurazione allegorica del torto subito.


Beppe.

martedì 20 dicembre 2011

LA COMPAGNIA DEI BUONOMINI


Un tempo usava, dopo la morte di una persona, offrire del denaro  (da parte di congiunti o conoscenti) per ottenere una diminuzione degli anni da trascorrere in purgatorio dal defunto, chiamata indulgenza plenaria. Questa usanza provocò in Germania l'ira di un monaco agostiniano, Martin Lutero, in quanto anche in quella nazione  prosperava la vendita delle indulgenze plenarie. Martin Lutero gridò allo scandalo in quanto non si poteva pensare che un'anima si potesse salvare con il denaro, bensì con la fede. Da qui la nascita del protestantesimo (1517) contro la Chiesa Romana. Un esempio interessante della vendita delle indulgenze si ha nella Chiesa di San Martino, davanti alla Pretura di Firenze, dove ancora esiste una cassetta in pietra serena nella quale venivano messe le offerte di denaro, e chi faceva  un'offerta  si risparmiava duemila anni di purgatorio. Nella cassetta venivano messe anche le lettere delle persone ridotte in povertà che si vergognavano a stendere la mano per ottenere una elemosina, i "poveri vergognosi".  Alla Chiesa faceva capo la Compagnia dei Buonomini, che col denaro raccolto dalla cassetta provvedeva ad aiutare le persone che ne avevano fatto richiesta. Quando la cassetta era vuota, i Buonomini accendevano un cero o una candela davanti all'immagine di San Martino per avvertire la popolazione che c'era bisogno di aiuto. Proprio da questa usanza deriva il detto: “essere ridotti al lumicino” per indicare una situazione di estrema indigenza.
La cassetta delle elemosine esiste ancora e reca questa scritta: “Ogni volta che uno fa una elemosina ai poveri vergognosi dell'Opera di San Martino  acquista anni duemila di indulgenza plenaria”.



Beppe

giovedì 15 dicembre 2011

UN PASSO DOPO L'ALTRO


Lentamente, pedalando, tornavo a casa dal centro. Come al solito alternavo le mie pedalate con tratti fatti a piedi fino a quando, per il dolore ai piedi,  desistevo dal camminare e  decidevo di rimontare in sella. La bella giornata autunnale mi faceva godere il parco delle Cascine, mi beavo  del sole che spariva sul filo dell'Arno, nell'ora del tramonto. Il parco è rimasto uno dei luoghi, più o meno sicuri, per circolare in bicicletta o passeggiare a piedi. Vi transito ogni giorno tanto che oramai mi viene spontaneo salutare con uno sguardo tutti gli alberi che sorpasso, da quanto mi sono familiari.
Quindi, attraverso il ponte della tranvia  dirigendomi verso casa. Nell'ultimo tratto, vicino al campo sportivo di via del Pollaiolo, mi fermo al semaforo e attendo che sia verde per potere attraversare in sicurezza.
Finalmente posso attraversare, faccio due passi con la bicicletta a mano  verso l'altro marciapiede che però non riuscirò mai a raggiungere. Quando riapro gli occhi guardo in alto e vedo nient'altro che una bianco soffitto. Mi accorgo di essere sdraiato su una lettiga. Stupore e sgomento improvvisamente  mi colgono: non so capacitarmi. Mi si avvicina  qualcuno che mi domanda se non ricordo niente dell'incidente. “Quale incidente?” Rispondo che non ricordo niente,  tranne di aver attraversato sulle strisce pedonali con il semaforo verde,  in piena sicurezza.
Al Pronto Soccorso mi informano che sono stato investito da un giovane in motorino. Il trauma alla testa e le varie ferite riportate sul corpo mi hanno  reso per molti minuti incoscente, fermando i miei ricordi al semaforo. Ripresomi dal trauma, sono iniziati i controlli sulle parti colpite  del mio corpo. La lacerazione nella parte posteriore della gamba sinistra si presentava con perdita di sostanza che mi fu subito suturata, unitamente alle altre ferite; quindi mi fu fatta la TAC e poi fui immobilizzato al letto per 5 giorni. Prima di uscire dall'ospedale mi è stata fatta una nuova TAC che risultava normale. Ora sono a casa e, tranne qualche piccola vertigine, posso camminare su e giù per il mio ingresso (sette metri in tutto), come fossi agli arresti domiciliari. Sto ripensando al tema che ci siamo dati per il prossimo numero di Aghi di pino:” Un passo dopo l'altro”. Riflettendo su quanto mi è successo ed ho descritto mi viene facile pensare che, se al primo passo non ne fosse seguito un altro,  non sarei finito all'ospedale. Però riflettendo, tutto sommato, sono stato miracolato: potevo  anche morire.


Beppe