giovedì 15 dicembre 2011

UN PASSO DOPO L'ALTRO


Lentamente, pedalando, tornavo a casa dal centro. Come al solito alternavo le mie pedalate con tratti fatti a piedi fino a quando, per il dolore ai piedi,  desistevo dal camminare e  decidevo di rimontare in sella. La bella giornata autunnale mi faceva godere il parco delle Cascine, mi beavo  del sole che spariva sul filo dell'Arno, nell'ora del tramonto. Il parco è rimasto uno dei luoghi, più o meno sicuri, per circolare in bicicletta o passeggiare a piedi. Vi transito ogni giorno tanto che oramai mi viene spontaneo salutare con uno sguardo tutti gli alberi che sorpasso, da quanto mi sono familiari.
Quindi, attraverso il ponte della tranvia  dirigendomi verso casa. Nell'ultimo tratto, vicino al campo sportivo di via del Pollaiolo, mi fermo al semaforo e attendo che sia verde per potere attraversare in sicurezza.
Finalmente posso attraversare, faccio due passi con la bicicletta a mano  verso l'altro marciapiede che però non riuscirò mai a raggiungere. Quando riapro gli occhi guardo in alto e vedo nient'altro che una bianco soffitto. Mi accorgo di essere sdraiato su una lettiga. Stupore e sgomento improvvisamente  mi colgono: non so capacitarmi. Mi si avvicina  qualcuno che mi domanda se non ricordo niente dell'incidente. “Quale incidente?” Rispondo che non ricordo niente,  tranne di aver attraversato sulle strisce pedonali con il semaforo verde,  in piena sicurezza.
Al Pronto Soccorso mi informano che sono stato investito da un giovane in motorino. Il trauma alla testa e le varie ferite riportate sul corpo mi hanno  reso per molti minuti incoscente, fermando i miei ricordi al semaforo. Ripresomi dal trauma, sono iniziati i controlli sulle parti colpite  del mio corpo. La lacerazione nella parte posteriore della gamba sinistra si presentava con perdita di sostanza che mi fu subito suturata, unitamente alle altre ferite; quindi mi fu fatta la TAC e poi fui immobilizzato al letto per 5 giorni. Prima di uscire dall'ospedale mi è stata fatta una nuova TAC che risultava normale. Ora sono a casa e, tranne qualche piccola vertigine, posso camminare su e giù per il mio ingresso (sette metri in tutto), come fossi agli arresti domiciliari. Sto ripensando al tema che ci siamo dati per il prossimo numero di Aghi di pino:” Un passo dopo l'altro”. Riflettendo su quanto mi è successo ed ho descritto mi viene facile pensare che, se al primo passo non ne fosse seguito un altro,  non sarei finito all'ospedale. Però riflettendo, tutto sommato, sono stato miracolato: potevo  anche morire.


Beppe

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